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Umidità nelle murature: diagnosi e recupero

INTRODUZIONE

Il problema del controllo e dell’eliminazione dell’umidità nelle murature è stato, fin dall’antichità, uno dei punti nodali nella pratica della manutenzione degli edifici.
Il degrado causato dall’umidità evidenzia due aspetti importanti di natura estetica ed igienico-sanitaria che hanno attivato, intorno questo problema, notevoli sforzi per il controllo del fenomeno e per la messa a punto di variegati procedimenti tecnici di risanamento.
L’umidità è un fenomeno assolutamente imparziale che aggredisce tutti gli edifici e li danneggia non solo in modo visibile, ma anche invisibile, la sua lenta opera erosiva non si ferma alle macchie e allo sfaldamento degli intonaci, ma arriva a colpire la struttura stessa del materiale.
A tutt’oggi l’eliminazione dell’acqua dalle murature rimane un problema aperto a cui si cerca di dare risposte con sempre nuovi prodotti per il risanamento e con la messa a punto di tecnologie sempre più sofisticate.
Tuttavia se i primi non sono in grado di fornire sufficienti garanzie, le seconde non sono mai state oggetto di una seria sperimentazione tanto da non consentire la definizione di soluzioni conclusive al problema.

Fino ad oggi in Italia il risanamento dell’umidità, è stato affrontato solo empiricamente, questa affermazione è suffragata dall’assenza di una normativa sul collaudo di un intervento di risanamento: risanata una parete rimane il dubbio sull’efficacia del trattamento dubbio che apre frequentemente dei contenziosi.
L’argomento è tuttavia oggetto di una pratica quotidiana molto spesso incontrollata, confusa e contraddittoria che a volte aumenta il danno che vorrebbe invece sanare.
(Gasparoli, 2002).

L’umidità ascendente è la responsabile principale dei danni e del degrado di un edificio soprattutto se antico e la si deve attribuire a due fattori principali come la presenza d’acqua nel sottosuolo e la porosità del materiale di costruzione.
Per determinare l’intervento più opportuno è necessario conoscere le cause e le tecnologie che permettono l’eliminazione e/o la riduzione della presenza di umidità.
L’attività di ricerca da me condotta all’interno del Dottorato di Ricerca in Conservazione Integrata dei Beni Culturali ed Ambientali mira a definire le cause dell’umidità nelle murature e sperimentare in campo la metodologia di diagnosi.

PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA CONSERVAZIONE ED AL RECUPERO DEGLI EDIFICI AFFETTI DA PRESENZA DI UMIDITA’ NELLE MURATURE

Il degrado delle superfici edilizie dovuto all’umidità

Tutti i materiali, naturali o artificiali, col tempo, subiscono un inevitabile deterioramento dovuto all’esposizione agli agenti atmosferici o all’uso; le cause e i tempi di degrado sono diversificati e possono essere di diversa natura come quei fattori che determinano il degrado delle superfici che sommandosi tendono ad interagire.
Le cause del deterioramento di una superficie sono ben note, alcune difficilmente evitabili perchè legate alla natura stessa dei materiali ed alla loro esposizione agli agenti di degrado (degrado naturale), altre derivano da errori di progetto o di processo (degrado patologico).
Se a questi due fattori si potrebbe ovviare con qualche maggiore attenzione, purtroppo occorre ammettere che spesso la causa prima del precoce degrado delle superfici esterne degli edifici (sia di nuova costruzione, sia storici, sottoposti a recente manutenzione), è da addebitare proprio a difetti di progettazione, di esecuzione, di manutenzione o gestione.
D’altra parte, porre in relazione effetti e cause del degrado non è opera agevole. Qualsiasi operazione di tipo deterministico che si proponga la catalogazione dei fenomeni in ordine alla loro importanza, frequenza di manifestazioni e probabile causa, spesso può apparire azzardata o eccessivamente semplificatoria (Aghemo et. al., 1994b).

Assai di frequente causa ed effetti si intrecciano e si condizionano vicevolmente rendendo difficile stabilire quale sia la causa principale del fenomeno osservato. E’ tuttavia necessario sottolineare che il principio agente di degrado delle superfici edilizie esposte all’esterno è senza dubbio l’acqua che direttamente o indirettamente e sotto diverse forme (liquida, solida, gassosa), entra in contatto con le strutture ed i materiali da costruzione e ne determina un più o meno rapido deterioramento.
Il problema e anche molto complesso perché si può affermare senza ombra di dubbio che quello della formazione dell’umidità è un fenomeno subdolo, le circostanze che possono provocare l’ingresso e la diffusione dell’acqua nelle murature sono relativamente numerose, di conseguenza una manifestazione umida può a volte essere originata da più fenomeni.
Non esiste una relazione univoca causa-effetto: ad una stessa causa possono corrispondere manifestazioni diverse così come una stessa manifestazione può derivare da cause diverse; talvolta, si assiste ad una sovrapposizione di cause o di effetti (Aghemo et al., 1994b).

Ne deriva che, ogni qualvolta si ha a che fare con un problema di umidità bisogna essere molto cauti nel formulare la diagnosi e nel proporre soluzioni.

Principali cause della presenza di umidità nei muri

L’umidità può essere presente nelle costruzioni per diverse cause. L’individuazione di queste riveste un ruolo primario per la scelta e quindi la riuscita di un trattamento di risanamento.
Le cause dell’umidità più comuni possono essere così classificate (Aghemo et al., 1991b):
UMIDITA’ DA RISALITA CAPILLARE O ASCENDENTE, è l’umidità derivante dal sottosuolo attratta dalle murature per capillarità o da forze elettro-osmotiche
UMIDITA’ DA CONDENSAZIONE, è l’umidità che può condensare all’interno dei materiali o sulle superfici
UMIDITA’ DA COSTRUZIONE, è presente in genere negli edifici di recente costruzione e qualche volta anche in quelli antichi in disuso quando gli spessori dei murisono molto consistenti
UMIDITA’ METEORICA O DI INFILTRAZIONE, è causata dalla pioggia non adeguatamente trattenuta dalla copertura e controllata da efficienti sistemi di smaltimento delle acque meteoriche che penetra in diversa misura nelle murature
UMIDITA’ ACCIDENTALE, è l’umidità derivante da cause impreviste come rottura di fognature, condotti pluviali, serbatoi d’acqua, impianti di adduzione e scarico, ecc.
UMIDITA’ DA TERRAPIENO, è la conseguenza della percolazione dai terrapieni a contatto con i muri degli scantinati e dei seminterrati o con muri di contenimento in cui l’acqua arriva alle murature con un lento passaggio attraverso la massa filtrante dei terreni.

E’ interessante vedere in che modo cambia la distribuzione dell’acqua all’interno di un muro di mattoni a seconda che questa arrivi
– dal sottosuolo, (provocando umidità ascendente)
– dall’aria (provocando umidità di condensazione),
– dalle precipitazioni (provocando umidità accidentale) (Mundula, Tubi, 2003).

Umidità ascendente
L’origine dell’umidità ascendente
L’umidità ascendente interessa quasi tutti gli edifici antichi e in alcuni casi anche quelli di recente costruzione privi di adeguati sistemi di impermeabilizzazione. Il fenomeno si manifesta soprattutto con la comparsa di macchie alla base delle costruzioni con sgretolamento delle tinteggiature oppure con distacco degli intonaci o di frammenti di materiale da costruzione (pietre, mattoni, ecc.).
Nel caso si diagnostichi la presenza di umidità di risalita bisogna distinguere se l’acqua, che risale i muri per capillarità, proviene da fonti inesauribili (es. acque di falde freatiche), oppure da ristagni di acqua piovana o da perdite di reti idriche (acque disperse di scorrimento).

Da acque disperse
Il formarsi delle acque disperse è da imputare a cause di origine accidentale che possono essere la perdita di una fognatura, come una forte imbibizione del terreno provocata dalle piogge non adeguatamente drenate; insomma da difetti di costruzione o da cattiva manutenzione dell’edificio e delle opere a questo correlate.
Sono quindi occasionali e localizzate e una volta trovata la causa è possibile porvi il giusto rimedio. Per capire che sono davvero acque disperse basta osservare le manifestazioni d’umidità sui muri piuttosto evidenti soprattutto su quelli perimetrali e spesso su una sola parte dell’edificio; inoltre il fenomeno si riscontra anche negli edifici più prossimi, infine la soglia dell’altezza di risalita ha un’oscillazione annua piuttosto forte.
Un caso frequente è quello in cui in un periodo successivo alla costruzione dell’edificio si modifichi il livello del piano di campagna portando così a contatto con il terreno la muratura più porosa che permette così il facile assorbimento di eventuali acque di scorrimento

Da acque di falda
Come tutti sappiamo il terreno è costituito da vari strati ognuno dei quali ha un indice di permeabilità differente; fra i vari strati capita che si venga a formare la cosiddetta “falda freatica” che non è altro che uno strato continuo d’acqua che scorre nel sottosuolo alimentata sia dall’acqua piovana sia dallo scioglimento delle nevi; acqua che assorbita dal terreno penetra fino a che non trova uno strato impermeabile che la obbliga a fermarsi e ad accumularsi al di sopra di esso.
Se la falda freatica non è molto profonda, ad esempio si trova a 4-5 metri sotto la superficie, l’acqua può risalire più o meno rapidamente a seconda del grado di capillarità del terreno.
L’umidità attinta dalla falda freatica presenta le seguenti caratteristiche:
– attacca l’edificio in tutta la sua pianta con perfetta uniformità (a meno che l’edificio non sia stato costruito con materiali diversi)
– l’altezza di salita è massima nell’esposizione nord e nord-est, minima nelle esposizioni molto soleggiate
– il fenomeno è comune a tutti gli edifici della stessa zona, coevi di costruzione, ed omogenei per i materiali impiegati
– l’umidità non presenta una forte oscillazione annua dell’altezza di salita.

Il degrado lasciato da queste fonti è generalmente imponente, distribuito omogeneamente, con poche variazioni nel tempo. Non potendo prosciugare la fonte, occorre sbarrare orizzontalmente e verticalmente le vie di risalita lungo le murature.
Quando l’acqua proviene da acque disperse, come ristagni dovuti a cattivi smaltimenti delle acque piovane o domestiche, il danno è meno esteso e localizzato con variazioni nel tempo. In questo caso è conveniente localizzare la perdita ed intervenire su di essa.
L’umidità ascendente che è una delle cause più frequenti del degrado degli edifici si presenta purtroppo anche come la più difficile da combattere poiché interessa di regola i muri prospicienti le fondazioni provocando un processo irreversibile di disfacimento degli intonaci e delle malte che legano la muratura.

La risalita capillare

Il fenomeno della capillarità
Molte proprietà tecnologiche dei materiali edilizi (resistenza al gelo, modulo di elasticità, conducibilità termica, etc.) dipendono in modo rilevante dal loro stato igrometrico.
L’analisi delle cause e degli effetti dell’umidità nelle murature è molto complessa perché molti sono i fenomeni fisici e chimici interessati.
Generalmente il comportamento di un materiale viene previsto sulla base di proprietà macroscopiche di tipo termodinamico derivate sperimentalmente per lo specifico materiale. A questo proposito si deve osservare che questo tipo di dati, sperimentalmente ottenuti in linea di principio, è valido solo per i materiali provati e che ogni generalizzazione a materiali simili, ma di diversa origine e produzione, deve essere attentamente valutata.
L’umidità derivante dal sottosuolo è la causa principale delle manifestazioni di umidità nelle murature sia nei piani cantinati che al livello superiore al piano stradale o di campagna.
L’ingresso e la diffusione di questo tipo di umidità è dovuto essenzialmente al fenomeno fisico della capillarità cioè a quel fenomeno che porta l’acqua a risalire per le murature in opposizione alla legge di gravità

Secondo la legge di gravità il liquido contenuto in due vasi comunicanti rimane allo stesso livello, quando però i vasi hanno dimensioni differenti il liquido risalirà in misura inversamente proporzionale alla dimensione dei vasi stessi, cioè salirà tanto più in alto quanto più ridotta sarà la dimensione del capillare.

Il contenuto dell’acqua trattenuta per capillarità può raggiungere e superare, in materiali molto igroscopici come le malte e la maggioranza dei materiali da costruzione, il 30% in volume: per ogni metro cubo di muratura è quindi possibile che vengano trattenuti anche 300 kg di acqua (Biscountin, 1988).
Una formula che permette di stabilire l’altezza massima di risalita capillare dell’acqua in un muro una volta stabilito il raggio dei pori del materiale in condizione di perfetta
verticalità è la seguente:   hmax = ( 2/r) x 15 x 10-6  dove hmax in m è l’altezza massima di risalita capillare e r in m è il raggio dei capillari dell’ordine dei micrometri. Nella pratica si riscontra comunque che la forza di capillarità aumenta leggermente in presenza di temperature più basse ed aumenta in modo più evidente in presenza di sali. Queste indicazioni spiegano la diversa capacità di risalita capillare che si può riscontrare in un edificio costruito con gli stessi materiali perché influenzato dal terreno e dall’esposizione. Per alcuni materiali usati nell’edilizia una prima rappresentazione schematica e semplificata può essere quella di una rete di capillari che collegano pori di maggiori dimensioni e cavità di dimensioni variabili. Tali fenomeni di capillarità dipendono essenzialmente dalla dissimmetria tra le forze di coesione, presenti all’interfaccia, in fasi diverse la quale determina l’esistenza di una forza tangenziale alla superficie detta tensione superficiale (Aghemo et al., 1991b).

Evaporazione superficiale
Il livello di innalzamento dell’acqua all’interno di una muratura umida è influenzato principalmente dall’evaporazione superficiale del materiale.
In una muratura che presenta umidità per capillarità in condizioni di equilibrio (con altezza della macchia umida, p.es., stabilizzata a 50 cm dal suolo), la quantità di acqua che viene assorbita dal terreno è uguale alla quantità di acqua che evapora dalle superfici della muratura stessa.
L’evaporazione superficiale dipende, però, dall’umidità relativa dell’aria e dalle dimensioni delle superfici della muratura esposte all’aria. Ne consegue che il massimo livello di innalzamento è direttamente proporzionale all’umidità atmosferica ed alla sezione assorbente, e inversamente proporzionale all’area di possibile evaporazione (Massari G., Massari I., 1992).
Così, se su un muro si permette l’evaporazione da un solo lato, il livello di innalzamento si verifica se si raddoppia la sezione assorbente. Incremento del livello di umidità in una muratura con
problemi di risalita capillare si ha, di conseguenza, tutte le volte che con rivestimenti di vario tipo (piastrelle, pietre, intonaci impermeabili, ecc.) si modificano le caratteristiche e la estensione della superficie evaporante.
E’ il caso tipico di errati interventi manutentivi che, con l’applicazione di rivestimenti impermeabili, nel tentativo di risolvere il problema dei continui distacchi di intonaco in corrispondenza della zona umida alla base dei fabbricati, provocano l’innalzamento della macchia umida oltre il precedente livello raggiunto dall’umidità.

Vento ed esposizione al sole
Anche le condizioni di ventosità e di soleggiamento favoriscono la velocità di evaporazione dell’umidità e, quindi, influiscono sull’innalzamento o sulla riduzione del livello dell’umidità di risalita (Cigni, Codacci-Pisanelli, 1987). L’evaporazione unitaria aumenta da tre a cinque volte sotto l’azione di un vento non eccessivamente forte, aumenta da due a tre volte sotto l’azione del sole (Neretti, Soma, 1982).

Temperatura e concentrazione salina
Anche la temperatura e la concentrazione di sali solubili disciolti nell’acqua di risalita condizionano la velocità e l’intensità dell’assorbimento capillare. In particolare questa aumenta poco col diminuire della temperatura, ma aumenta di molto col crescere della concentrazione salina, a causa della marcata igroscopicità dei sali. I carbonati e i silicati presenti nelle murature e nel terreno hanno un’elevata idrosolubilità, cioè diffondono le proprie molecole nell’acqua attraverso un processo di disgregazione molecolare. Ne consegue che l’acqua, che dal terreno sale nelle murature, è carica di sali disciolti che vengono trasportati durante la risalita capillare. Ma anche l’acqua dovuta a fenomeni di condensazione superficiale o interstiziale, oppure quella di infiltrazione dovuta alle piogge, funge da solvente ed attivatore oltre che da veicolo di trasporto dei sali solubili normalmente presenti in quanto elementi costituenti i materiali da costruzione (Pinna, 1987). L’acqua penetrata nelle murature, però, tende a dirigersi verso le superfici esterne, dove può evaporare più facilmente. Raggiunta la superficie esterna avviene l’evaporazione dell’acqua e la conseguente cristallizzazione dei sali (efflorescenze, subefflorescenze). Il processo è continuo e cumulativo perchè dalla muratura evapora acqua praticamente distillata per cui i prodotti salini rimangono inglobati nelle porosità
più superficiali del materiale e, proprio per questo meccanismo di formazione, continuano ad aumentare secondo criteri chiaramente cumulativi. Nel tempo, se l’effetto non si arresta, ed in particolare in murature antiche già soggette ad altre forme di aggressione, le alterazioni fisico-chimiche prodotte dalle efflorescenze possono contribuire a compromettere l’efficienza statica degli elementi interessati.

Si ha, quindi, un aumento delle pressioni interne che molto spesso può portare al distacco dello strato più esterno di materiale oppure al graduale sbriciolamento della parte interna del muro con aumento della porosità specifica (stress meccanico).
Il processo è tanto più aggressivo quanto più rapidi sono i cicli di umidificazione ed essiccazione del materiale. Le murature possono essere interessate da molti tipi di sali solubili; data la complessità fisico-chimica delle sostanze usate per la produzione dei materiali da costruzione e la varietà di possibili contaminazioni esterne con le quali la muratura può venire a contatto, risulta quindi difficoltoso stabilire l’esatta provenienza di un sale anche per il fatto che la posizione ove avviene la fioritura non è necessariamente quella ove ha avuto origine il fenomeno (Pinna, 1987).
L’igroscopicità e la solubilità di un sale lo rendono infatti estremamente mobile, tale da poter essere trasportato ovunque l’acqua riesce ad arrivare.
Efflorescenze accentuate sulla parte inferiore dei muri lungo bande continue sono dovute a sali provenienti dal suolo in presenza di umidità di risalita; la loro fioritura è costante dato che le quantità di sali disciolti nelle acque assorbite per capillarità dalla muratura sono inesauribili.
Nel terreno si trovano soprattutto nitrato di potassio e di sodio, sali che per la loro elevata idrosolubilità vengono facilmente assorbiti e trasportati; si tratta spesso dunque di nitrati dovuti ad acque deliquescenti, depositi di rifiuti organici o a falde inquinate.
Anche le efflorescenze di solfati alcalini trovano a volte origine in fenomeni di assorbimento di impurità naturalmente o accidentalmente presenti nel suolo.
Tra le cause di apporto dei sali in una muratura non è da sottovalutare quella dovuta all’inquinamento atmosferico prodotto dai gas di combustione degli impianti di riscaldamento e dai mezzi di trasposto.
In generale gli effetti dell’atmosfera inquinata da anidride carbonica, anidride solforosa ed ossidi di azoto accrescono la concentrazione ionica della superficie dei paramenti murari, esaltando la solubilità di eventuali efflorescenze presenti.
In particolare, la presenza di calce negli intonaci e nei mattoni può combinarsi con i gas solforati dell’atmosfera urbana, dando luogo a solfati di calcio che, dilavati dalle acque piovane, vengono assorbiti dalla muratura. Gli ossidi di azoto, combinati con l’intervento di batteri, possono produrre nitrati di sodio e potassio deliquescenti.
Nelle zone rurali, dove l’inquinamento può essere causato da fertilizzanti a base di acido nitroso e nitrico, la contaminazione può avvenire non solo attraverso l’assorbimento osmotico dal terreno, ma anche per condensa superficiale, con formazione di nitrati dagli effetti dannosissimi.
I gruppi di sali che più frequentemente si trovano nelle murature e produconoefflorescenze sono:
• I solfati:
I solfati sono per lo più igroscopici e possono assorbire anche grandi quantità d’acqua, hanno un grado di solubilità tale per cui a temperatura ambiente sono in uno stato continuo di cristallizzazione e soluzione. Il costante cambiamento di volume determina una variazione di tensione interna al materiale fino a provocarne la disgregazione.
Di questo gruppo fanno parte:
i solfati alcalini che comprendono il solfato di sodio e di potassio; si decompongono più facilmente degli altri solfati e sono molto solubili con acqua, spariscono col tempo e quindi solo se si trovano in grande quantità possono dare origine a forti efflorescenze.
Sono caratterizzati da un tipico sapore salino. Il solfato di sodio provoca la formazione di depositi più o meno spessi che si presentano come ammassi pulverolenti o arborescenti che possono provocare l’accartocciamento ed il distacco di eventuali pitturazioni. Il solfato di potassio forma una pellicola diafana e continua come una velatura grigiastra sulla superficie della muratura determinando un’alterazione del colore delle pareti fino alla diminuzione e soppressione della loro brillantezza.
il solfato di magnesio è il sale che provoca le alterazioni più serie e che ha la massima attitudine migratoria, le sue efflorescenze sono pulverulente con cristalli aghiformi ramificati o a fiori. Il suo sapore è amaro. Sulla superficie degli intonaci di gesso puòcreare alle volte delle patine molto dure. All’atto della cristallizzazione subisce una forte espansione di volume tanto che può provocare disgregamento del laterizio e il distacco di parti di intonaco.
il solfato di calcio appare come un deposito bianco, ha una forte aderenza, non è solubile in acqua e quando è solo non genera efflorescenze, quando però si trova con un altro sale, come il solfato di potassio, può generare un sale doppio più solubile che ha le caratteristiche simili a quelle del solfato di magnesio.

• I nitrati:
Questi sali hanno origine organica e attaccano solitamente edifici a zone rurali, sono molto rari ma hanno effetti dannosissimi. Solo in laboratorio si riesce a stabilirne l’esistenza, comunque si può intuire la loro presenza da alcuni elementi quali:
– la loro concentrazione avviene lungo strisce di 10-15 cm di larghezza che attraversano l’edificio;
– l’area al di sopra della zona colpita è come ombreggiata mentre quella al di sotto risulta asciutta e solida.
Di questo gruppo fanno parte:
nitrato di calcio (Ca(NO3)2), fortemente igroscopico, è capace di assorbire grandi quantità d’acqua rendendo così il materiale che lo contiene vulnerabile al gelo.
nitrato di sodio e nitrato di potassio (NaNo3, KNO3), sono nitrati derivanti dall’acido nitrico che si possono trovare nel suolo in grandissima quantità e sono i più solubili tra i sali matellici.
nitrato di magnesio (Mg(No3)2, che insieme al nitrato di calcio cristallizzano solo quando l’UR raggiunge valori inferiori l 50%.

• I cloruri:
Questi di solito sono limitati alle aree costiere; non sono sali igroscopici ma lo diventano se combinati con altri sali soprattutto i solfati.
Il vapore acqueo contenente cloruro condensa appena a contatto con le murature fredde ed il passaggio nelle zone più interne avviene senza difficoltà; poiché hanno la capacità di trattenere grosse quantità d’acqua nelle murature creano effetti dannosi alle persone e agli arredi interni.
Di questo gruppo fanno parte:
cloruro di sodio e di calcio (NaCl, CaCl), provocano la formazione di depositi salini di colore bianco, di tipo microcristallino e dal caratteristico sapore salino. Sono fortemente igroscopici, il cloruro di sodio, ad esempio, cristallizza a 25°C e ad una umidità relativamente bassa (30% circa). Questa loro caratteristica rende difficile l’asciugatura di un muro umido nel quale, oltre ai danni dei sali, si aggiungono lo sviluppo delle muffe, alterazioni e distacco delle pitture fino alla completa disgregazione degli intonaci (Vantandoli, 1988).

I rimedi contro la presenza di sali nella muratura si basano principalmente sulla conversione irreversibile dei sali igroscopici solubili in acqua, in cristalli non igroscopici ed insolubili in acqua, quindi con perfetta stabilità dimensionale. Tali reazioni possono avvenire imbibendo la superficie della muratura con delle soluzioni acquose contenenti appropriati reattivi chimici; i cristalli prodottisi dalla reazione del prodotto creano ostacolo al percorso dell’acqua nei capillari che portano verso la superficie esterna impedendola di continuare il percorso sotto forma di liquido e costringendola ad evaporare prima di arrivare alla superficie (Pinna, 1987).

I danni provocati dalla risalita capillare

Attacchi da muffe, funghi e vegetali in genere
Il biodeterioramento o degrado biologico di una superficie è un fenomeno innescato da organismi viventi vegetali e animali (biodeteriogeni) che determina l’alterazione del substrato su cui si verifica, sia esso intonaco, legno, pietra, metallo, ecc.
Il degrado biologico si manifesta attraverso processi chimici e fisici ed è spesso associato ad altri tipi di degrado come quelli propri dei fenomeni chimici e fisicomeccanici.
In particolare su alcuni materiali lapidei il degrado di tipo biologico si innesca solo dopo che questi hanno già subito un processo di degrado dovuto alla esposizione in ambiente esterno.
Per la maggiore comprensione del problema è fondamentale una conoscenza, seppure parziale, dei principali gruppi di organismi coinvolti nel biodeterioramento e dei processi biologici che ne regolano lo sviluppo.

Gli agenti biodeterogeni
In una qualsiasi superficie la porosità del substrato, l’umidità, la composizione, l’apporto di sostanze organiche, l’esposizione e l’inclinazione delle superfici, sono condizioni che influenzano le possibilità di instaurarsi e svilupparsi di qualsiasi organismo vegetale. Lo sviluppo di tale organismo, innescherà azioni di natura meccanica all’interno del substrato dovute allo sviluppo delle strutture di aggancio al substrato stesso, e di natura chimica dovute al rilascio di metaboliti e di essudati radicali di tipo acido.
Gli organismi viventi possono essere divisi in due grandi gruppi in base alla capacità posseduta di assorbire l’energia luminosa trasformandola in energia chimica ed utilizzandola per tutti i processi biochimici che si verificano nelle cellule (metabolismo).
Si definiscono perciò autotrofi gli organismi in grado di sintetizzare sostanze organiche partendo da sostanze inorganiche (tale fenomeno sfrutta l’energia luminosa ed è noto come fotosintesi clorofilliana).
Appartengono agli autotrofi i batteri, le cianoficee, le alghe, i licheni e tutte le piante conosciute.
Viceversa, si definiscono eterotrofi gli organismi incapaci di sintetizzare sostanze organiche partendo dalle inorganiche; in questo gruppo troviamo alcuni batteri, funghi e tutti gli animali conosciuti.

I batteri autotrofi
I batteri sono organismi unicellulari che possono avere svariate forme; sui materiali lapidei si trovano organismi con forma sferica (cocchi) o a bastoncino (bacilli). I fattori limitanti cioè quelli che influenzano le funzioni vitali dei batteri sono il pH, la temperatura e l’ossigeno. I batteri autotrofi non svolgono fotosintesi clorofilliana e sono chiamati chemiolitotrofi poiché contrariamente a tutti gli altri organismi autotrofi essi traggono energia dall’ossidazione di sostanze inorganiche.
Le cianoficee
Dal punto di vista dell’ambiente di vita, questi organismi non hanno particolari problemi legati alla temperatura mentre sono più vincolati dalla necessità dell’acqua, necessità risolta con particolari strutture (mucillagini) atte a mantenere un costante tenore di umidità attorno alla cellula. Le cianoficee prediligono i substrati alcani e sono molto spesso presenti, associati alle alghe, su rocce carbonatiche dove possono determinare un degrado di tipo biologico ad opera dei metaboliti prodotti.
Le alghe
Sono tutti organismi acquatici (acqua dolce o salata) o comunque propri di ambienti molto umidi (sabbia, terreno, pietre, ecc.); tra i fattori che possono influenzare il loro sviluppo vanno citati oltre all’acqua, la temperatura e la luce. Spesso colonizzano la superficie di materiali molto porosi o comunque già deteriorati e penetrano entro le microfessure o al di sotto di frammenti già parzialmente distaccati.
Il colore di queste patine cambia nel tempo dal verde al marrone, al rosso al nero; tale variabilità dipende dal tipo di organismo e dalla fase del ciclo di sviluppo in cui si trova.
I licheni
E’ assai frequente vedere svilupparsi licheni ai piedi dei muri sui loro rivestimenti esterni o sui versanti delle coperture specialmente se esposte a nord. Il loro sviluppo costituisce sintomo certo della presenza d’acqua.
L’azione aggressiva svolta dai licheni, per mezzo degli acidi lichenici, è molto più grave rispetto a quella svolta dalle alghe. Al di sotto del tallo lichenico si verificano solubilizzazioni dei minerali costituenti il supporto per una profondità di alcuni millimetri. Questa azione di solubilizzazione provoca decoesione, aumento della porosità e della superficie specifica.
Queste proliferazioni sono talvolta gradevoli alla vista poiché donano un’aria un po’ rustica agli edifici sui quali si posano, presentano tuttavia l’inconveniente di trattenere l’umidità e di creare ai bordi, per via dell’alternarsi dei cicli di umidificazione con quelli di essiccazione, una vera zona di erosione comportando il deterioramento del materiale.
I batteri eterotrofi
I batteri eterotrofi sono organismi ubiquitari, essi si possono trovare nel terreno, nelle acque di ogni tipo, nell’atmosfera e in altri organismi.
I funghi
Sono organismi eterotrofi diffusi in tutti gli ambienti e contribuiscono al processo di mineralizzazione della materia organica in sostanze acide. Le sostanze nutritive, il pH, l’umidità ambientale, l’ossigeno e la temperatura sono tutti fattori di fondamentale importanza per lo sviluppo e la riproduzione dei funghi.
Dal punto di vista del degrado dei materiali i funghi esercitano un’azione perforante che si infilano nelle fessure esistenti e ne creano di nuove contribuendo al decoesionamento dei materiali rendendoli più vulnerabili ai successivi attacchi da parte di agenti chimici e fisici.
Le muffe si possono considerare come formazioni fungine. Esse compaiono nelle zone umide e molto aerate in particolar modo all’interno dei locali in corrispondenza di “ponti termici” purché la temperatura non sia troppo bassa e l’umidità relativa raggiunga valori superiori al 70%. Allorché nei locali non areati si libera l’odore caratteristico di stantio significa che lo sviluppo degli agenti riproduttori di muffe e funghi (le spore) è già avanzato. A seconda del tasso di umidità si hanno specie diverse di muffe: le più frequenti sono le aspergessi; di colore verde-nerastro sono le muffe più ricorrenti poiché per svilupparsi necessitano di un tasso di umidità alquanto scarso, queste possono essere la causa di disturbi respiratori nei bambini e nelle persone anziane.
Quando il contenuto di umidità è più elevato possono apparire altre specie di muffe quali il penicillio, di colore verde; il cladosporium, di colore nero-verdastro e la phoma, di colore nero. I substrati su cui si insediano le muffe sono i materiali lapidei sui quali risulta presente una sorgente di carbonio organico oppure materiali organici come la carta, il legno, la colla, il cuoio, i tessuti, le resine (pitture) ecc.
Le muffe non resistono ai raggi ultravioletti e vengono in genere inibite da una buona ventilazione.

Conclusioni:
Per risolvere velocemente e con rapidità tutti i problemi di umidità muraria e muffe negli ambienti, il prodotto più adatto, ecologico, rapido e sicuro è senza alcun dubbio IgroDry.
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tratto dalla bellissima tesi di laurea dell’Arch. Simona Lombardi

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