Cocciopesto, una antica innovazione
Il cocciopesto, utilizzato nella tecnica costruttiva dei Romani per il rivestimento di cisterne, terrazze, ambienti termali, pavimentazioni, può essere definito come l’insieme di frammenti fittili (di terracotta) frantumati, provenienti da tegole ed anfore, impastati o meno con calce e sabbia.
Le più antiche citazioni inerenti il cocciopesto sono ascrivibili a Plinio il Vecchio che ne accennava composizione ed impiego in Naturalis Historia (libro XXXV) ed a Marco Vitruvio Pollione che, nel trattato De Architectura. Egli prescrive: Se nell’arena, di fiume o di mare, vi si aggiungerà una terza parte di matton pesto, e passato pel vaglio, diverrà la calce di miglior riuscita e forza.
Le indicazioni di Plinio e Vitruvio vengono riprese anche da Leon Battista Alberti nel De Re Aedificatoria (Libro IV): Per qualsiasi tipo di rivestimento occorre l’applicazione di almeno tre strati di intonaco, i primi strati assai ruvidi devono essere costituiti per intero di sabbia di cava e di cocci di mattone…
Il coccio macinato o cocciopesto, della tradizione di Vitruvio, era ampiamente utilizzato dai costruttori Romani che ne conoscevano, utilizzandola sapientemente, la proprietà di conferire alle malte (specie quelle di finitura) spiccate caratteristiche di impermeabilità all’acqua, adesività, adesione, permeabilità al vapore acqueo e leggerezza.
Questa caratteristica era, ed è, la diretta conseguenza del comportamento pozzolanico del cocciopesto, che si esplica attraverso la capacità di reagire con la calce libera (idrossido di calcio) per formare composti idraulici ad elevata stabilità e resistenza all’acqua.
La reazione del cocciopesto con la calce libera è in pratica una classica reazione pozzolanica, schematizzata in figura, peraltro del tutto assimilabile alla reazione fra la calce libera e la pozzolana, riconosciuta e descritta dallo stesso Vitruvio.
Questa la reazione pozzolanica schematica
Spesso identificato con il termine opus signinum, dal nome della città di Signa (l’odierna Segni situata vicino Roma dove, secondo antiche fonti, fu inventato), in realtà, il cocciopesto si caratterizzava per gli aspetti chimici e compositivi, benché all’epoca erano soltanto intuiti, mentre l’opus signinum aveva proiezioni più correlabili con le funzioni statiche derivanti dalla compressione nella muratura.
Una tecnologia di ieri e di oggi
I segreti chimici del cocciopesto sono riconducibili al comportamento idraulico che lo rende in grado di esercitare comunque un’azione legante.
In altre parole, anche il solo cocciopesto, aggiunto ad adeguate quantità di aggregati fini (arena) , è grado di sviluppare una forma, seppure debole, di indurimento nel tempo.
Il comportamento idraulico si esplica però anche nei confronti dei leganti tradizionali quali la calce aerea, la calce idraulica ed i più moderni cementi, attraverso la nota reazione pozzolanica che opera la trasformazione della calce libera, solubile ed instabile, nel più stabile silicato di calcio idrato, capace fra l’altro di ermetizzare: … che non può scioglierle né l’onda né qualunque impeto d’acqua…
In altre parole, anche la calce aerea, addizionata con il cocciopesto, diventa calce idraulica.
Nelle costruzioni odierne, così come nelle opere informate alla bioedilizia e negli interventi di restauro dell’esistente, le valenze chimiche del cocciopesto sono spesso trascurate ed il materiale viene prescritto ed utilizzato oggi, quasi esclusivamente come colorante in malte che possono essere, nello stesso tempo, rivestimento e finitura.
Il cocciopesto moderno, prodotto attraverso la frantumazione di laterizi a pasta molle (cioè cotti a temperatura inferiore a 850°C) e selezionati in varie granulometrie, può costituire un efficiente presidio protettivo dei corpi murari, coerente con i canoni dell’edilizia biocompatibile di oggi d è particolarmente adatto per il recupero del patrimonio edile, e storico.
Le malte al cocciopesto, oltre ad una notevole durabilità e resistenza, possiedono infatti interessanti caratteristiche quali
– bassa permeabilità all’acqua
– indurimento equilibrato e prolungato nel tempo
– migliorata capacità diffusiva nei confronti del vapore acqueo
– totale assenza di componenti insalubri o nocive (ove correttamente formulate).
Impieghi delle malte al cocciopesto
Il rivestimento protettivo, impermeabilizzante e decorativo di pareti e pavimentazioni interne ed esterne, specie nel recupero del patrimonio storico e/o specialistico, rappresenta oggi l’utilizzo più frequente del cocciopesto.
Nei pavimento, le malte al cocciopesto possono essere impiegate come matrice per tessere di mosaico disposte in vario modo o a frammenti di marmi bianchi o colorati.
Dal punto di vista terminologico e normativo, il cocciopesto, correttamente progettato e prodotto, può trovare collocazione nella definizione di aggiunta, contemplata dalla norma UNI EN 206-1: Materiale finemente suddiviso usato nel calcestruzzo allo scopo di migliorare certe proprietà o di ottenere proprietà speciali. Nella fattispecie il cocciopesto può essere considerato fra le aggiunte pozzolaniche o ad attività idraulica latente.
tratto da una comunicazione tecnica di Edoardo Mocco