I danni del cemento nei restauri storici
Il vecchio ed il nuovo
Dall’antichità e per oltre 25 secoli, in tutta Europa e nel Medio Oriente, la struttura portante degli edifici (case, chiese, castelli, palazzi, cattedrali, ecc.) era fatta di muri portanti in mattoni o pietra e solai e tetti sostenuti da volte o da travature in legno.
Per le murature e per gli intonaci veniva impiegata solamente la calce aerea o idraulica a seconda delle esigenze.
Dagli anni 1950 in poi è nato un nuovo e diverso sistema costruttivo fatto di struttura portante in calcestruzzo armato o acciaio e latero-cemento per i solai ed i tetti (sistema trave/pilastro).
In pratica si è iniziato a costruire impiegando largamente il cemento, sia come malta per le murature, sia come calcestruzzo strutturale per gli elementi armati, sia come malta di rifinitura (intonaco).
Questo nuovo modo di costruire non ha nulla in comune con i vecchi metodi che sono ancora la grandissima parte del costruito esistente e sono anche il nostro grande patrimonio storico.
Sembrerebbe quindi ovvio che nella coscienza comune, in particolare in quella degli addetti ai lavori, il vecchio andasse collocato in una categoria a sé stante, verso la quale, in caso di restauro, si andasse ad intervenire correttamente rispettando i materiali originali ed usando quelle tecniche e competenze che sono del tutto diverse da quelle attuali, tecniche con le quali, visto che non si ha più familiarità, sono anche molto più difficili da applicare.
Significherebbe quindi di rientrare nella vecchia mentalità costruttiva e rispolverare quella conoscenza artigianale propria dei nostri avi.
In primis, visto che tutti i vecchi edifici sono stati costruiti con malta di calce idraulica o aerea, occorrerebbe reimpiegare solo questa (il cemento è un materiale che era totalmente sconosciuto nell’antichità).
Purtroppo però oggi è palese osservare che questa coscienza non è per nulla un fatto acquisito e l’uso del cemento è invece dilagato anche sui restauri di pregio ed addirittura è stato accettato come di uso normale dappertutto e per tutti gli usi anche nel restauro conservativo di edifici storici e di alto pregio.
La sparizione delle vecchie calci
Dopo 2000 anni di onorato servizio quindi la vecchia calce è sparita dal mercato e dall’intera scena edilizia per l’avvento del cemento.
La verità è che, senza una attenzione legislativa seria, essa era giocoforza destinata a morire, infatti così è stato.
Il cemento è stato da subito considerato come una calce migliore perché più forte, più tenace, a presa più rapida, con più adesione e più impermeabile.
Allora perché impiegare ancora quella debole calce quando qualsiasi cemento anche molto diluito poteva sostituirla a costi molto più bassi?
Per questo che l’uso del cemento è così dilagato nel restauro e sempre di più in tutti gli usi generici, con conseguenze disastrose per il nostro patrimonio storico.
I danni del cemento
A parte le motivazioni di rispetto del genere sull’antico, vi sono infiniti motivi per cui il cemento va tenuto lontano dai restauri di edifici antichi e quei motivi sono proprio da attribuirsi alle caratteristiche superiori delle malte di cemento.
Anche se miscibile con le vecchie calci, il cemento non è affatto una calce migliore!
Esso potrà essere considerato un legante migliore, ma è comunque un materiale chimicamente molto diverso dalla vecchia calce (di cui è solo lontano parente) e quando viene adoperato nelle murature antiche si comporta secondo le sue particolarità che non sono quasi mai compatibili con quelle della muratura antica.
Questi i motivi:
– Una normale malta bastarda di cemento è circa quattro o cinque volte più forte di una malta di pura calce idraulica (ha una resistenza alla compressione almeno 150 kg/cmq rispetto a circa 30 kg/cmq della calce). Una tale resistenza meccanica non serve in un vecchio muro che lavora al massimo a 7,5 Kg/cmq, ma mediamente sui 3,5 kg/cmq.
Se poi viene impiegato per risarcimenti o riprese cuci e scuci in vecchie murature, si creano delle discontinuità di comportamento nella struttura muraria in quanto si introducono dei blocchi che comunque sono contornati (o poggiano) con i vecchi elementi originali notoriamente più deboli.
Qualsiasi tecnico strutturista potrà confermare che tutto ciò non è una buona cosa soprattutto in eventi sismici o di assestamento.
– Qualunque materiale antico, una volta murato con malta cementizia, è perso per sempre. Qualsiasi mattone o pietra inglobati al cemento non potranno mai più essere recuperati integralmente per un eventuale riuso. L’adesione della malta di cemento al materiale antico è sempre molto superiore alla resistenza del materiale stesso, mentre con la vecchia malta era l’esatto contrario.
– La malta cementizia è molto meno permeabile al passaggio dell’acqua del pietrame o del mattone. Ciò significa che in condizioni di risalita umida (umidità ascendente) la soluzione salina ora evaporerà dal materiale murato anziché dai corsi (dalle fughe) come succedeva con la vecchia malta. Mentre prima si consumavano gli stessi corsi fatti di malta friabile ed evaporante, ora verrà consumato il materiale lasciandone intatti i corsi. (Vedi foto seguenti)
– L’alluminato tricalcico, che è un composto chimico tipico della presa del cemento, non era presente nella vecchia calce; esso reagisce in ambiente umido con i solfati presenti formando un sale più complesso (ettringite) i cui cristalli formano un volume doppio rispetto ai materiali originali. Questa espansione rompe inesorabilmente il materiale che si sgretolerà in tempi molto brevi.
– Un intonaco di malta cementizia è molto meno traspirante di uno a base di calce. Ciò provocherà innanzitutto un aumento del livello di eventuale umidità da risalita in un
muro e, comunque, una minore vivibilità e confort interni, sia pure conferendo all’intonaco una vita maggiore.
La cultura e le Leggi
La Legge riflette inevitabilmente il clima culturale del momento storico in cui viene scritta. Negli anni 1950-60 il cemento era considerato il nuovo ed il progresso, mentre l’unicità dell’antico veniva sottovalutata e trascurata. Perciò i due generi di edifici non sono stati riconosciuti né distinti. Inoltre, nessuno si è preoccupato di considerare gli effetti deleteri a medio-lungo termine della commistione calce/cemento nelle condizioni d’uso del vecchio.
I leganti
Nel 1939 il RD 2231 “Norme per l’accettazione delle calci” distingueva:
a) Leganti aerei ossia la calce spenta, come grassello oppure come calce idrata in polvere
b) Leganti idraulici cioè la Calce idraulica naturale o artificiale in polvere, comprese le Calci eminentemente idrauliche, artificiali, pozzolaniche, siderurgiche, che dovevano avere resistenza a compressione maggiore di 100 kg/cmq (già a quei tempi, la resistenza richiesta a queste ultime calci artificiali era piuttosto alta).
Continuando con questa classificazione nella normalità si sarebbe dovuto indicare il cemento come nuova categoria di legante idraulico, ma così non fu.
Il RD 2231 fu sostituito nel 1965 dalla nuova Legge n. 595 intitolata “Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici”.
La vecchia calce aerea (grassello) venne del tutto spazzata via e la sotto-categoria dei leganti idraulici del 1939 diventò l’unica, con i Cementi di vari tipi e le Calci idrauliche di vario tipo.
Messa alla pari con le moderne malte, anche la vecchia calce idraulica venne di fatto condannata.
Quale progettista avrebbe mai prescritto malte, anche se della migliore calce, per fare il cemento armato? Anche per le malte normali, qualsiasi cemento diluito poteva sostituirla a costi molto più bassi, e così è stato, tutte le vecchie calci hanno pagato il loro prezzo alla mentalità del progresso e sono morte di morte culturale e per disuso.
Mostriamo un confronto fotografico di una comune conseguenza di uso scorretto del cemento nel restauro antico.
Nelle figure si nota a sinistra la ristuccatura di corsi di calce consumati rispetto ad una ristuccatura in malta cementizia (destra) essendo molto meno permeabile dei mattoni comporta che la risalita ora evapora dai mattoni invece che dai corsi.
Il prezzo
Il prezzo però che hanno pagato e stanno pagando gli edifici del nostro patrimonio storico in assenza di questa diversità è enorme.
Vengono applicati intonaci cementizi sui vecchi muri riducendone la traspirabilità e favorendo la risalita, vengono ristuccati a cemento i corsi di torri, di antichi bastioni e muri di sostegno fatte in pietre o mattoni stesso trattamento va ai lastricati di piazze antiche secoli con il risultato di rendere irrecuperabile il vecchio materiale e di vederlo poi sparire in presenza di umidità da risalita.
Per non parlare della noncuranza con la quale i vecchi muri vengono brutalmente scassati e squarciati per inserire elementi in calcestruzzo, cordoli, fondazioni antisismiche, intonaci armati, solette di solaio su igloo o scale.
Peggio ancora se parliamo degli impianti: la moderna passione per la pulizia visiva comporta il non vedere elementi d’impianti elettrici ed idraulici all’esterno sulle pareti. Nasconderli nelle nuove costruzioni è facile perché possono essere tutti incassati nei tamponamenti in laterizi e forati.
Purtroppo però, quando questo stesso criterio viene attuato inconsciamente anche in un vecchio palazzo, chiesa o villa, gli scassi fanno danni enormi alle murature piene, che poi vengono regolarmente ricuciti con malte cementizie che ne completrano la distruzione.
Una sana visione imporrebbe di sistemare questi impianti all’esterno dei muri, cosa fattibilissima, ma quantomai deprecata da una convinzione comune che l’impianto non s’ha da vedere.
Anche per i rinforzi strutturali si possono raggiungere gli stessi risultati senza l’uso del cemento, utilizzando intonaci armati compatibili fatti di buona malta idraulica e reticolati di fibre di resine; ma tutto questo non si fa non perché sia difficile, ma solo perché nessuno si pone il problema!
I beni tutelati e le Autorità
Purtroppo, molto spesso anche i beni soggetti a tutela soffrono ed hanno sofferto in questo senso, probabilmente per la mentalità della non distinzione più che per obiettive carenze di formazione del personale.
Basti pensare a quanto spesso componenti cementizi vengono autorizzati e tollerati o, ancor peggio, nemmeno notati, per risarcimenti di murature, cordoli, intonaci armati e intonaci.
Quasi tutti i comuni, su questo tema hanno le loro colpe, sempre nella massima buona fede, non fanno rispettare i divieti sull’uso di malte cementizie nemmeno quando tali prescrizioni son presenti nei loro stessi Regolamenti Edilizi spesso imposti su richiesta di Soprintendenze in base a perimetrazioni di Centro Storico.
Quando interpellati, Sindaci e Uffici Tecnici scaricano la propria responsabilità dicendo che ad un vigile urbano non può essere richiesta tale sorveglianza o che essa spetterebbe alla stessa Soprintendenza che ha richiesto il vincolo.
La formazione e la salvaguardia
Per salvaguardare il vecchio si deve dunque tornare ad una coscienza collettiva che consideri seriamente l’alto valore dei nostri beni.
Le Soprintendenze fanno quanto possono, ma non basta, dovrebbero intervenire Autorità superiori se si convincessero anche loro della semplice necessità di distinguere automaticamente i diversi generi di edifici.
Oggi paghiamo questa carenza con un gravissimo degrado storico fino a che non impareremo a riconoscere l’autonomia dell’antico per rispettarla come tale e per preservare la nostra enorme ed incommensurabile eredità culturale.
liberamente tratto da “Vietato l’ingresso al cemento in cantiere” di Ing. Edgardo Pinto Guerra